Der Wanderer über dem Nebelmeer (1818 – Caspar David Friedrich)
3 Dicembre 1997
“…Torno a voi dopo il silenzio che non è assenza. Assai di frequente infatti il silenzio è più proficuo di mille fatue parole.
Aiutate gli umani a comprendere, non nel significato di capire, ma di prendere in sé, che tutto ciò che appellano male altro non è che il prodotto della centralità dell’ego, causato dall’illusione della separazione.
Le barriere dell’individualità devono essere abbattute e la coscienza deve espandersi nel Tutto.
Con ciò non intendo annichilimento, ma consapevolezza perfetta della vita: uno stato di immortalità e di felicita che sono durature. Questo stato può essere raggiunto quando vi è un perfetto equilibrio tra la mente e l’amore, tra le facoltà conoscitive e affettive. L’equilibrio tra mente e amore costituisce lo stato di liberazione.
Il dolore è causato dalla limitazione e dallo sforzo di fuggire alla limitazione.
Le condizioni caotiche del vostro mondo, in tutti i tempi, dipendono dal veleno dell’egoismo, che cagiona avidità, crudeltà e sfruttamento reciproco degli uomini. Il rimedio a queste condizioni sta nell’individuo.
Gli umani, di questo tempo e di questo spazio, sono colmi della presunzione di credersi evoluti ed espressione di ciò che appellano progresso.
Il progresso è tutt’altro che un processo lineare. Ciò che gli umani sono ora lo sono già stati in un altro tempo e sono stati pure più evoluti tecnologicamente e altamente civilizzati, ma hanno perduto il loro conoscere.
Gli umani nel processo di evoluzione, di raggiungimento, nello schiudere sé devono distinguere, sin dal principio, ciò che è essenziale da ciò che non lo è.
Ogni umano è legato dalla propria particolare religione, perché ogni religione proclama che fare il bene conduce al Cielo e il male all’Inferno. Ma ciò che gli umani chiamano bene o male non esiste: solo esistono ignoranza o conoscenza.
Quindi il raggiungimento della conoscenza, della perfezione, della verità sta in ogni essere, e per arrivarci è necessaria l’esperienza.
Nel procedere dell’esperienza, gli umani non debbono dimenticare il fine, che è il fine di tutti, al di là dell’appartenenza di religione: lo scopo finale della vita è l’adempiersi della felicità, il raggiungerla mediante la liberazione del proprio sé da tutti i desideri meschini, da tutto ciò che lega, da tutte le restrizioni…
…Nel nostro tempo, nel nostro spazio, nel nostro mondo che è l’insieme dei mondi, crediamo che la felicità, la felicità liberatrice sia la meta di tutti gli esseri“.